L’attualità del pensiero di Bruno Trentin a tredici anni dalla sua scomparsa

Tredici anni fa veniva a mancare Bruno Trentin.  Un grande sindacalista, intellettuale e politico dai principi e dai valori solidissimi, che ha contribuito in modo formidabile alla storia della Cgil e del sindacato italiano.

Solo pochi anni prima, svolgeva all’Università Ca’ Foscari di Venezia la Lectio Magistralis “Lavoro e conoscenza”. In quell’occasione, che vogliamo ricordare, Trentin parlava del valore sociale del lavoro, coniugando questo tema con quello della libertà e denunciando lo stato di affievolimento delle libertà che la mancanza di lavoro produce.

Nel conflitto sociale per Trentin “libertà” significa anzitutto libertà nel lavoro, coniugata con un’idea di eguaglianza intesa come eguali condizioni di partenza. È attraverso questi processi che la persona umana si autorealizza e afferma il suo progetto di vita.

Se, dunque, è la piena realizzazione dell’individuo che dà la misura della legittimazione dell’agire economico e della sua equità sociale, una concezione di lavoro come puro fattore di costo è la cosa per Trentin più lontana e negativa.

È per questo imprescindibile che quello dei diritti diventi un concetto inderogabile e la conoscenza uno strumento fondamentale di una strategia sindacale per una redistribuzione economica e sociale più giusta.

Queste cose Trentin le aveva ben presenti da segretario generale della Cgil, proponendo prima e contribuendo poi ad una radicale innovazione verso il sindacato dei diritti e al programma fondamentale della Cgil.

È evidente l’attualità di questo pensiero, ancor più adesso, di fronte alle scelte necessarie per uscire dalla crisi in cui la pandemia ci ha precipitati. Per questo, riflettere sui suoi contributi è così importante non solo per il sindacato ma per la società italiana.

 

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