Lavoro e capitale negli anni della crisi: l’Italia nel contesto europeo

Crisi: FDV Cgil, In Italia il calo del Pil (-7% rispetto al 2007) è stato più forte della media europea e la ripresa più lenta

"Servono una politica economica espansiva e, in particolare, investimenti su ricerca e innovazione, come dimostrano i 17,6 punti percentuali di ritardo registrati nel 2016 (in termini di variazione del capitale fisso dal 2007) nei confronti della zona Euro”.

Roma, 10 ottobre – Il secondo rapporto della Fondazione Di Vittorio (Ottobre 2017) su “Lavoro e capitale negli anni della crisi” evidenzia, nel contesto europeo, da una parte l’Italia che ha perso di più e recupera meno (-7% il Pil nel 2016 rispetto al 2007), dall’altra Francia e Germania che, anche in virtù del buon andamento della domanda interna, sono tornate a crescere già dopo la caduta del 2009 e presentano nel 2016 un valore del Pil che supera, rispettivamente, del 5.2% e del 9.4% il valore del 2007. Anche la Spagna, che tra le grandi economie continentali è quella che insieme all’Italia ha sofferto di più il primo (2009) e il secondo (2012) shock recessivo, dal 2014 dimostra tassi di crescita sostenuti e nel 2016 ha recuperato quasi completamente le perdite patite (-0.5% rispetto al 2007).  L’Italia, invece, stenta ancora a ripartire e la crescita del prodotto, benché le stime siano state di recente riviste verso l’alto, è ancora debole: le proiezioni elaborate a maggio configurano un saggio di crescita nettamente più alto per l’area Euro e collocano il Pil italiano nel 2018 ancora cinque punti sotto il valore del 2007.

Secondo il rapporto della fondazione della Cgil, “In Italia la crisi è stata più lunga a causa delle misure di austerità che hanno penalizzato la domanda interna e determinato un generale arretramento della nostra economia, il cui peso all’interno dell’eurozona tende a ridursi progressivamente. La ripresa in atto è accompagnata peraltro dalla stagnazione dei salari e non si vedono, al di là dei risultati transitori di incentivi occasionali, gli effetti di stabilizzazione promessi dalla riforma del lavoro”.

“In Italia - si legge nel rapporto della Fondazione Di Vittorio - l’andamento della produttività, tanto la produttività totale dei fattori (-4,9% rispetto al 2007) quanto la produttività reale oraria del lavoro (-0,3% rispetto al 2007), risulta molto deludente e non certo per colpa, come molti sostengono, del livello troppo alto delle retribuzioni la cui dinamica, nel periodo 2007-2016, è infatti la più debole tra quelle dei Paesi presi in esame. Non a caso i consumi sono ancora del 4,7 % sotto il valore del 2007. Una tendenza destinata a proseguire nelle proiezioni per il 2018”.  

“Nel nostro Paese - afferma il presidente della Fondazione Di Vittorio, Fulvio Fammoni - il calo del Pil è stato più forte e la ripresa più lenta della media europea, oltre che a causa delle misure di austerità e della crescita delle diseguaglianze, anche per effetto della mancanza di investimenti, come dimostrano i punti di ritardo dell’Italia, in termini di variazione del capitale fisso, dalla zona Euro (-17,6 punti percentuali tra il 2007 e il 2016) e dalla Germania in particolare (-35,2 punti).

“Per l’incapacità da parte dei governi italiani - prosegue Fammoni - di porre in essere una politica economica finalmente espansiva e per la resistenza da parte di settori delle imprese a puntare su ricerca, innovazione, miglioramenti nella conoscenza e nell’efficienza dei processi produttivi, invece che sul contenimento del costo del lavoro”.

Per la segretaria confederale della Cgil, Gianna Fracassi “Il rapporto FDV Cgil identifica nella caduta della quantità e della qualità del lavoro la causa della doppia recessione italiana, più intensa rispetto a quella delle principali economie europee”.

“Nello studio - aggiunge Fracassi - si evidenzia che la difficile ripresa del nostro Paese va attribuita alla distanza dai livelli del 2007 di consumi e investimenti, cioè della domanda interna. Eppure, governo dopo governo, compreso quello attuale, si è continuato a insistere su una vocazione export-led dell'Italia, svalutando il lavoro e ricercando margini di competitività e di produttività solo sul versante dei costi”.

Per la dirigente sindacale si tratta di un obiettivo di politica economica “sbagliato” e “controproducente” poiché “manca una specializzazione produttiva fondata su intensità tecnologica e conoscenza e sostenuta da investimenti, che invece, negli ultimi anni, si sono contratti più di ogni altro fattore di crescita, trascinando verso il basso occupazione e salari”.

Secondo la segretaria confederale “la lezione non è servita: tagli della spesa, privatizzazioni e riduzione del peso degli investimenti pubblici caratterizzano anche l'ultimo quadro programmatico del governo, contenuto nella nota di aggiornamento del Def 2017”. 

“Almeno fino al 2020 persisteranno stagnazione dei salari e alta disoccupazione giovanile, il che delinea - conclude Fracassi - una legge di Bilancio 2018 ancora una volta all'insegna dell'austerità e della svalutazione competitiva del lavoro”.


In allegato il rapporto della Fondazione Di Vittorio

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