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 delegati sindacali intervengono raccontando l'esperienza

“L’azione sindacale nell’epoca del lavoro digitale e dell’intelligenza artificiale": il racconto della giornata

“L’azione sindacale nell’epoca del lavoro digitale e dell’intelligenza artificiale" è il titolo del convegno che si è svolto l’11 settembre, nell’ambito dell’ottava edizione dell’evento annuale di INDL (International Network on Digital Labor), una rete nata con la missione di promuovere la collaborazione a livello globale, tra mondo accademico e società civile sul tema del futuro del lavoro, da una prospettiva multidisciplinare.

L’iniziativa ha avuto lo scopo di creare uno spazio di confronto tra il mondo della tecnologia, quello del lavoro e il sindacalismo, con l’obiettivo di condividere esperienze per creare nuove forme di solidarietà internazionale.

Organizzato dalla Fondazione Di Vittorio insieme a INDL, all’Università di Bologna Alma Mater Studiorum, INCA (Increase Corporate political responsibility and Accountability) e CGIL Emilia Romagna, e con il patrocinio dell'ILO (Organizzazione Internazionale del Lavoro delle Nazioni Unite) e della Regione Emilia Romagna, il convegno si è svolto a Bologna, all’interno del tecnopolo DAMA, eccellenza internazionale (a partecipazione pubblica) per il supercalcolo, i Big Data e l'Intelligenza Artificiale.

C’era una volta una manifattura tabacchi, nell’area industriale di Bologna, che poi diventa ex-manifattura, che poi diventa Tecnopolo, che poi diventa DAMA. Come ha sottolineato il prof Antonio Casilli, nella sua introduzione alla visione del documentario “In the belly of AI”, fa riflettere che dentro quel luogo, dove si lavorava il tabacco, che è stato il simbolo della logica capitalista e colonialista, quel giorno si stia parlando di lavoratori e lavoratrici invisibili ai più, ma indispensabili nella loro funzione di persone moderatrici e addestratrici di sistemi di Intelligenza Artificiale, quelli più diffusi, quelli i cui proprietari sono le aziende di Big Tech più ricche del mondo. Lo stesso Tecnopolo è stato anche un polo industriale altamente sindacalizzato, il che ha permesso, dopo la vertenza sindacale che ha portato alla chiusura, che fosse acquistato dalla Regione col fine di collocare su quel territorio un eccellente centro di ricerca, ma pubblico e non privato, dotato di un protocollo che regola il lavoro per circa 200 ricercatrici e ricercatori.

Lavoro invisibile, lavoro massivo, sfruttamento, sindacalizzazione in corso, condizioni da migliorare: terreno lavorativo nuovo ma remote problematiche.

Partiamo subito da un punto: l’impatto, sia ambientale che sociale, dell’uso dell’AI viene sottovalutato.

Dal racconto di chi lavora a Nairobi: “ogni compito viene pagato 0.83 cent, considerando che ogni persona che lavora svolge circa 12 compiti al giorno, la paga giornaliera è di circa 9$, per un totale di 45 ore a settimana”. E riguardo ai contenuti: “il lavoro è sempre disturbante, non esistono gattini adorabili, i dati lavorati da noi al 99% riguardano materiali come omicidi, stupri, violenze”. «Ho lavorato per anni come moderatrice di contenuti social, ore e ore al giorno, per pochi dollari l’ora, per etichettare contenuti tossici che nessuno vorrebbe mai vedere. Noi siamo stati costretti a farlo. Li sogni la notte, ti distruggono dentro. È alienante, degradante, ti annienta.  Ma in fondo, in qualche modo, sono orgogliosa di averlo fatto, anche se la maggior parte delle persone nemmeno sa che esiste questo lavoro, perché così ho fatto in modo che i software li cancellassero e non foste costretti a vederli voi o un bambino in qualche parte del mondo».  K. (Uniglobal, Nigeria). Condizioni di lavoro che possono essere così sintetizzate: da 250 a 350 video brevi all’ora, a un euro l’ora, decine di ore al giorno, in solitudine, davanti al computer, molte persone finiscono affette da disturbi post-traumatici da stress.

Per quanto riguarda la sua sostenibilità ambientale, si consideri che ogni attivazione, quindi qualunque richiesta, richiede una messa in azione dei server che per funzionare divorano enormi quantità di acqua e di metalli come rame, oro, cobalto. Anche se i dati esatti sul consumo di energia e acqua per ogni attivazione di Chat GPT, per esempio, non sono disponibili poiché dipendono da vari fattori tuttavia esistono stime approssimative (una recente analisi dell’Università della California Riverside) per alcune attività specifiche: per generare una breve email di 100 parole, ChatGPT potrebbe consumare circa 519 ml di acqua, equivalenti ad una bottiglietta da mezzo litro. Per quanto riguarda l’energia invece, per lo stesso scopo, sono consumati circa 0,14 kWh, equivalenti all’energia necessaria per alimentare 14 lampadine LED per un’ora; per quanto riguarda invece l’impatto ambientale complessivo, l’addestramento di un modello di AI come Chat GPT può produrre fino a 300 tonnellate di CO2, equivalenti all’energia consumata dal ciclo di vita di 5 automobili.

Consideriamo che per esempio, quando è stato lanciato Chat GPT in cinque giorni c’è stata almeno un’attivazione da parte di 1milione di utenti.

L’impatto ambientale dunque è altissimo, non meno di quello sulle persone che lavorano per l’AI.

L’impressione è quella che malgrado gli avanzamenti della tecnologia, questo settore lasci volutamente celata, nascosta, invisibile la componente umana che invece esiste, e questo per reiterare condizioni lavorative sgradevoli.

Come racconta un Ephantus, dalla Nigeria: “non firmi mai un contratto per lavorare, bensì un accordo di riservatezza […] i contratti arrivano via mail, e se provi a fare un screenshot otterrai la foto di uno schermo bianco”.

Cloud vuol dire nuvola: qualcosa che evoca in qualche modo leggerezza, qualcosa di etereo; nel linguaggio corrente ormai con questo termine si indica una rete globale di server remoti progettata per archiviare ed elaborare i dati per altri dispositivi e computer. Qualcosa di tutt’altro che etereo: enormi macchine in enormi capannoni. Poca trasparenza dunque su questa industria, in realtà caratterizzata da sfruttamento spinto, di persone e naturale.

E probabilmente il fabbisogno potrà solo aumentare: più aumenta la domanda, più sono necessarie nuove infrastrutture, più aumentano sfruttamento ed estrazione.

IL DOCUMENTARIO “IN THE BELLY OF AI”

Dopo i saluti istituzionali (è possibile rivedere il video QUI) di Vincenzo Colla (Vicepresidente Regione ER con delega a Sviluppo economico e green economy, Energia, Formazione professionale, Università) e di Mauro Penza (Responsabile Centro Conferenze DAMA Tecnopolo Data Manifattura Emilia Romagna), la mattinata è proseguita con la visione del documentario inedito “In the belly of AI” di Henri Poulain scritto da Antonio Casilli, Julien Goetz, Lili Fernandez.

Il documentario è stato girato sui luoghi delle interviste a chi lavora nei meandri dell’AI, e a chi invece questa realtà la studia, e prova con dati, inchieste e supporto, a regolare questo ambito di lavoro così estremo. Nairobi, Bulgaria, Ucraina, Finlandia, dove detenuti e detenute addestrano l’AI per 3 euro al giorno.

La realtà che viene fuori è che il data work è stato di fatto esternalizzato al sud mondiale, e non è un caso: economie deboli, salari da fame, disoccupazione alta, istituzioni deboli, mentre per quanto riguarda il nord del mondo, questo tipo di lavoro viene svolto da persone rifugiate e migranti.

Ma in cosa consiste nello specifico il loro lavoro? “i data workers nutrono l’AI” come afferma una studiosa tedesca intervistata nel doc; ci sono quelli che insegnano all’AI che poi guiderà un’auto elettrica che persone, alberi e palazzi vanno evitati, o quelli che, attraverso il loro intervento di rimozione di contenuti, fanno capire all’AI che video di violenze, stupri, torture, omicidi sono contenuti violenti, e che quindi deve escluderli dalle sue restituzioni all’utenza. Praticamente, gli spazzini del web. Le conseguenze di questo lavoro disturbante su queste persone sono pesantissime: molti e molte soffrono di PTSB, il disturbo post-traumatico da stress, una patologia molto invalidante che porta la persona a rivivere continuamente l’evento traumatico e che causa insonnia, ansia, depressione. Di questi sintomi sono piene le interviste mostrate nel documentario, svolte rigorosamente a volto coperto, poiché i data workers delle Big Tech non firmano contratti, ma accordi di riservatezza che costringono chi lavora a mantenere la segretezza rispetto alle mansioni svolte; chi non rispetta questo accordo, rischia fino a 10 anni di condanna. Difficile la sindacalizzazione, ma c’è chi ci prova: la lavoratrice Keniota che racconta la sua esperienza, afferma che a un certo punto capisce che è necessario aiutarsi tra chi lavora, ma anche in quel caso chi tenta la sindacalizzazione ha vita difficile con i datori di lavoro, le Big Tech, e i loro avvocati.

Il documentario, dopo aver mostrato le interviste a lavoratrici e lavoratori dell’AI, si conclude con l’intervista ad un accademico americano il quale descrive la nuova ideologia diffusa tra i big della Silicon Valley, il cosiddetto Trans-Umanesimo, un movimento filosofico e culturale che promuove l'uso della tecnologia per migliorare le capacità umane, superare i limiti biologici come l'invecchiamento e la morte, e potenzialmente evolversi in una specie futura chiamata "postumano". Un Paradiso tecnologico dominato da postumani e basato sullo speculazione: in quest’ottica, lo sfruttamento del Sud globale sarebbe una goccia nel mare del progresso, sacrificabile per una causa maggiore, una società multigalattica senza confini…e senza diritti, a questo punto.

LA TAVOLA ROTONDA: NUOVO SINDACALISMO, VERSO DELLE ALLEANZE GLOBALI. FORMALIZZAZIONE, GLOBALIZZAZIONE E INTERDIPENDENZA DELLE LOTTE

Il panel plenario, che è possibile rivedere QUI è stato moderato dal Presidente della Fondazione Di Vittorio Francesco Sinopoli, e ha visto la partecipazione di rappresentanti del sindacalismo internazionale, con un confronto tra le diverse esperienze sindacali: per la “CGIL Bologna” è intervenuto Mirto Bassoli, della segreteria della CdLT BO, per “Data Labelers Association” (Kenya) presente Ephantus Kanyugi, mentre a raccontare l’esperienza di “Riders x Derechos” (Spagna) il co-fondatore e portavoce Felipe Corredor Alvarez, e infine dalla Nigeria Kauna Malgwi, nominata fra le 100 personalità più influenti nel mondo dell'IA secondo il Time e la BBC, che ha raccontato dell'esperienza del sindacato internazionale Uni Global, che ha condiviso l'esperienza del primo sindacato panafricano dei moderatori di Meta e TikTok.  Hanno partecipato alla tavola rotonda anche delegati e delegate CGIL che hanno raccontato le esperienze sul tema legate a realtà lavorative italiane. Nello specifico, Beatrice Monia e Caterina Capraro hanno raccontato l’esperienza rispettivamente della sindacalizzazione con primo sciopero in Italia in Amazon e le relazioni industriali in Lamborghini, mentre il metereologo Federico Grazzini, delegato Arpae ER, ha raccontato l’esperienza nel settore specifico delle previsioni del tempo.

Fine del panel plenario, creare uno spazio di confronto, internazionale, in cui discutere delle proprie esperienze sindacali, delle problematiche incontrate, delle vittorie, dei percorsi intrapresi e in corso, poiché, come ha concluso Caterina, la sindacalista della Lamborghini “è una grande sfida, ma l’unione di chi lavora può cambiare il corso della storia”. E siamo tutti in tempo per rafforzare un contro potere capace di “costruire diritti per le persone che lavorano in questo campo, e creare un modello di lavoro nel settore da replicare, che sia finalmente dignitoso” così come auspica Kauna.