La disoccupazione sostanziale: una proposta per misurare la reale consistenza della disoccupazione in Italia

L’entità della disoccupazione italiana è da tempo oggetto di confronti e ricerche.

Gli indicatori fondamentali del mercato del lavoro italiano sono infatti anomali rispetto a quelli del resto dell’Unione Europea (dati media 2020). Il nostro tasso di occupazione è più basso di quasi 10 punti percentuali rispetto all’Unione Europea, ma contemporaneamente il nostro tasso di disoccupazione, seppur più elevato della media UE, lo è in maniera molto meno marcata di quanto comporterebbe la differenza col tasso di occupazione.

I conti così non sono allineati, dov’è la reale differenza? La si riscontra in una ormai storica anomalia del mercato del lavoro italiano che ha il più alto tasso di inattività di tutta l’UE.

È all’interno di questo grande aggregato che si cela, dunque, una quota di disoccupazione sostanziale che non può essere rilevata nelle statistiche ufficiali per la mancanza di uno dei due requisiti formali richiesti contestualmente - ricerca attiva di un lavoro e disponibilità a lavorare - per essere considerato disoccupato.

Per spiegare in parte questo complesso fenomeno, l’ISTAT, pubblica anche altri indicatori complementari al tasso di disoccupazione ufficiale. Il primo è quello denominato “forze di lavoro potenziali” (FLP) composto da persone inattive che ottemperano almeno ad uno dei due parametri formali della disoccupazione. In Italia il numero di queste persone è pari a 3,2 milioni, mentre nell’Eurozona il numero totale è di 9,4 milioni. L’Italia incide, quindi, per un terzo sul totale delle forze di lavoro potenziali dell’area euro.

L’istituto di statistica identifica un ulteriore parametro, il cosiddetto “Tasso di Mancata Partecipazione” (TMP) - che considera i disoccupati propriamente detti (2,3 milioni) e i soli inattivi disponibili a lavorare (circa 3 milioni) - che nel 2020 è pari al 19%. Se i tassi ufficiali di disoccupazione (9,2%) e mancata partecipazione (19,0%) devono rappresentare per tutti i parametri di riferimento fondamentali, con questa ricerca ci siamo però ripromessi un ulteriore approfondimento per arrivare il più vicino possibile ad identificare un livello di Disoccupazione Sostanziale.

Abbiamo, quindi, anzitutto verificato tramite i dati ISTAT le diverse motivazioni della mancata ricerca di lavoro degli inattivi disponibili a lavorare (in età lavorativa) per identificare le tipologie più vicine e assimilabili alla condizione di disoccupato, escludendone altre come, ad esempio, chi ha già un lavoro che inizierà nel futuro, studio e formazione, malattia, pensione, disinteresse, inabilità, in attesa di pensione, ecc. Fra quanti rimasti, per circoscrivere ancor più le figure assimilabili alla disoccupazione, abbiamo inoltre preso in considerazione solo coloro che hanno avuto precedenti esperienze di lavoro. Rispetto a tutti gli inattivi disponibili a lavorare, il numero quasi si dimezza, attestandosi a 1,6 milioni di persone.

Sulla base di questo studio si arriva a formulare una stima della Disoccupazione Sostanziale e il relativo Indice (IDS), che considera i disoccupati ufficiali delle statistiche Istat (2,3 milioni) e gli inattivi assimilati a disoccupati (1,6 milioni) per un totale di 3,9 milioni di persone nel 2020, e un indice che si attesta al 14,5%.

Lo riteniamo un indicatore realistico e affidabile, ma anche così si potrebbe sostenere che non sono perfettamente allineati i dati tra i disoccupati propriamente detti e quelli sostanziali; l’unica differenza è costituita dalla mancata ricerca attiva di lavoro (lo stesso meccanismo da noi scelto è, però, utilizzato per determinare il TMP).

Si può quindi, anche semplicemente, indicare che l’aggregato di inattivi assimilati a disoccupati che a tutti gli effetti subiscono un impedimento nella ricerca di lavoro per effetto di scoraggiamento (743 mila), o perché bloccati da problemi prevalentemente di attività di cura, non risolvibili dalle singole persone (223 mila), o perché in una situazione di sospensione (596 mila), incrementa il dato ufficiale della disoccupazione di +5,3 punti percentuali.

Una sorta di esercito di disoccupazione di riserva che si affianca a quello ufficiale e che porta nelle rilevazioni mensili a continue fluttuazione e compensazioni fra la disoccupazione e l’inattività.
A supporto dell’ipotesi dell’Indice di Disoccupazione Sostanziale (IDS) da noi stimato, corrisponde, però, l’allineamento dei dati statistici italiani ed europei. Infatti, tutti i confronti con le medie europee e con gli altri Paesi a noi comparabili, acquisirebbero così coerenza sulla base di questo parametro. Prendendo ad esempio la Spagna, che è il Paese con il tasso di occupazione più simile al nostro (62,6% Italia e 65,7% Spagna), sia gli indici della disoccupazione che dell’inattività diventerebbero coerenti tra i due Paesi.

Identificare la Disoccupazione Sostanziale non è solo un esercizio di ricerca che offriamo al confronto, ma rappresenta una indicazione utile per interpretare la vera dimensione e le dinamiche del mercato del lavoro italiano; conseguentemente per identificare le politiche necessarie a far innanzitutto crescere l’occupazione, perché anche il ritorno ai livelli occupazionali pre-pandemia ci vedrebbe sempre molto più bassi rispetto alle medie europee. Non è l’unico fattore che caratterizza il quadro italiano: abbiamo più volte indicato un calo della qualità dell’occupazione dipendente con un drammatico aumento della precarietà e contemporaneamente dell’involontarietà che creano una situazione per cui spesso anche una eventuale uscita dalla disoccupazione si abbina con la condizione di lavoro povero.
Come è noto col 1° gennaio del 2021 ci sono state variazioni in sede europea rispetto alla metodologia adottata per la rilevazione degli aggregati del mercato del lavoro, in particolare rispetto alla definizione di occupato. Questo, relativamente ai dati presi in esame in questa ricerca (media 2020), comporterà dei mutamenti anche nei segmenti che abbiamo incluso nel calcolo dell’IDS e, quindi, produrremo una nuova statistica non appena in possesso dei dati relativi al 2021.

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