25 aprile Festa della Liberazione

Il 25 aprile è la festa della Liberazione dell’Italia dall’occupazione tedesca durante la seconda guerra mondiale e dal fascismo. Si tratta, in estrema sintesi, della celebrazione dell’atto di nascita, se non formale certamente sostanziale, della democrazia italiana. Il 25 aprile, il giorno della Liberazione, veniva definitivamente sconfitto in Italia un progetto politico totalitario e liberticida che negava alla radice ogni progresso umano basato sull’universale riconoscimento dei diritti civili, economici e sociali di ogni singolo cittadino. A questo contrapponeva una nuova aristocrazia razziale e gerarchica, una fede cieca, l’esercizio costante della violenza, la manipolazione delle coscienze, la selezione degli uomini.

La seconda guerra mondiale aveva mostrato con tutta la sua crudeltà e spietatezza cosa volesse dire praticamente l’affermazione di un simile progetto: una barbarie indicibile iscritta a fuoco nella coscienza dell’umanità di fronte ai campi di concentramento, ai milioni di civili morti, alle devastazioni economiche, alla violenza più spietata, allo sfregio di ogni bellezza etica e culturale.

L’alternativa stessa dovrebbe rendere il 25 aprile una delle feste più amate e condivise della Repubblica. Ci si può dividere su tutto ma non certo sul carattere brutale e inumano dell’esperienza nazi-fascista e sulla necessità di difendere, nutrire e preservare la democrazia italiana e i suoi valori. Comunque la si pensi su come questa democrazia italiana possa essere migliorata. Il punto è che tutti i progetti democratici, di destra o di sinistra, presidenzialisti o parlamentaristi, liberisti o statalisti, tutti devono al 25 aprile la possibilità di esprimersi e diventare realtà politica. E’ come se tutti fossimo stati chiamati a scrivere le pagine di un libro nello stile e con le storie che crediamo più degne e meritevoli e questo enorme privilegio lo dobbiamo a chi quel libro lo ha salvato da chi voleva bruciarlo e ce lo ha riconsegnato.

Eppure, nonostante il 25 aprile unisca la maggioranza del Paese, una percentuale di irriducibili, che possiamo considerare un memento del pericolo sempre in agguato, con una inquietante costanza cerca ancora di suscitare polemiche e ostilità alimentando alcuni pregiudizi mai completamente sopiti.

Ogni anno assistiamo alla  sgradevole scena di qualcuno che si sente in dovere di trasformare il 25 aprile in qualcosa di diverso da quello che è. Da chi invoca la sua sostituzione con una incomprensibile festa della riconciliazione, a chi invoca le più fantasiose e bizzarre soluzioni. L’unico comune denominatore di queste proposte è la valenza politica, il tentativo di recidere le radici antifasciste della nostra Costituzione e della nostra democrazia, di sostituire la storia reale del Paese con una narrazione totalmente inventata, spesso frutto di interessate suggestioni esterofile.

Perché dunque una tale contraddizione?

Il problema è antico e ben noto. Riguarda l’incapacità del Paese di fare i conti con il suo passato fascista, il “passato che non passa” per usare una fortunata espressione. Una parte di questo Paese non vuole ricordare, anzi non vuole sapere cosa è stato il fascismo realmente, come storicamente si è realizzato, cosa ha imposto e con quali strumenti. Si ritrova più volentieri in una narrazione rassicurante, nel mito del bravo italiano, nella menzogna del regime tutto sommato benevolo che “ha fatto anche tante cose buone”. Una narrazione che ha il vantaggio di nascondere le colpe, eliminare le responsabilità, idealizzarsi come vittime rimuovendo e allontanando il carnefice. Un processo di edulcorazione che sbiadisce la compromissione di una classe dirigente e amministrativa fortemente legata alle atrocità del Ventennio, una classe di intellettuali che non ebbe esitazione a scegliere il tornaconto personale di fronte al principio etico, un campo imprenditoriale che trasse notevoli vantaggi,  e un popolo che, troppo aduso alla deresponsabilizzazione, ha condiviso cose terribili compresa una spaventosa e brutale guerra di aggressione. Quanto e perché di questo processo di negazione esista ancora e quanto forse sia stato coscientemente favorito nella storia della Repubblica, è materia sulla quale si può naturalmente discutere. Direi anzi che è giusto farlo nel modo più approfondito possibile ricordando che per nessun popolo è facile far pace con le proprie responsabilità. Ben venga dunque la discussione ma ricordiamo che la stessa possibilità di farla la abbiamo avuta grazie al 25 aprile, grazie alla Liberazione dall’occupazione tedesca e dal fascismo.

Lasciamo quindi che la festa del 25 aprile resti, fortunatamente, quello che è: la nascita della nostra democrazia e di una nuova e vera cittadinanza; il giorno nel quale abbiamo riconquistato la possibilità di vivere la nostra storia, individuale e collettiva, nel pluralismo e nella diversità; il momento in cui siamo tornati una comunità di uomini liberi.

Edmondo Montali