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l'immagine mostra una grafica e una immagine del globo terreste

Un altro ordine mondiale è possibile?

Un altro ordine mondiale è possibile?

Per favorire una riflessione collettiva il 29 Ottobre nell’ambito del ciclo seminariale permanente della Fondazione Di Vittorio avremo ospite Massimo D’Alema intervistato da Giorgia Rombolà.

L'evento sarà trasmesso on line su Collettiva.it

I lavori si apriranno con i saluti del Presidente FDV Francesco Sinopoli, per proseguire poi con una lettura degli scenari attuali, ad opera di Francesco Sylos Labini e Matteo Caravani, autori di "Bussola per un mondo in tempesta" edito da FuturaEditrice, con l'intervento di Massimo D'Alema, intervistato da Giorgia Rombolà.

L’ordine internazionale nato ottant’anni fa, alla fine della Seconda guerra mondiale, ha garantito decenni di prosperità e stabilità. Ma oggi quel mondo non esiste più. Negli ultimi cinquant’anni si è verificato un poderoso spostamento del potere economico, scientifico e tecnologico dall’Occidente all’Oriente: un cambiamento strutturale che rende inevitabile una revisione dell’assetto globale. Si tratta di trasformazioni rarissime nella storia, avvenute nell’arco di una sola generazione, che stanno portando l’intera Asia a diventare il nuovo centro economico e tecnologico del pianeta. I cosiddetti “sette grandi” – i paesi del G7 – che all’inizio degli anni Novanta rappresentavano il 45% del PIL mondiale, oggi contano per meno del 30%. A questo declino economico si affianca l’ascesa dei paesi emergenti anche nel campo della ricerca scientifica e dell’innovazione tecnologica, ponendo fine a un dominio occidentale durato oltre tre secoli. La guerra in Ucraina, il genocidio in Palestina, il conflitto tra Israele e Iran, le tensioni tra Cina e Taiwan: in tutti questi scenari si riflette una crescente perdita di peso militare, economico e di prestigio da parte dei paesi occidentali. Nel frattempo, le enormi e ormai strutturali disuguaglianze nella distribuzione della ricchezza hanno prodotto una profonda erosione dei principi democratici all’interno degli stessi paesi occidentali. In questo contesto, il ricorso alla minaccia esterna sembra spesso servire da paravento all’incapacità delle classi dirigenti di gestire i cambiamenti epocali che stanno avvenendo con velocità impressionante. È dunque urgente aprire una riflessione seria e collettiva sulle possibili vie d’uscita dall’ideologia dominante degli ultimi quarant’anni: quel «there is no alternative» che ha legittimato la competizione sistemica di tutti contro tutti, secondo il paradigma neoliberista affermatosi con Margaret Thatcher.

Nell’attuale scenario globale, cercare un’alternativa non è più solo un esercizio teorico: è diventato un compito necessario e improrogabile.