Trieste

Testo a cura di Istituto Livio Saranz di Trieste

 

Nel difficile e complicato momento che stiamo vivendo le foto storiche del Primo Maggio acquistano una particolare forza e potenza evocativa. Forse perché, nella condizione di distanziamento ed isolamento sociale cui siamo costretti, le immagini di quello stare insieme ci arrivano come mai dritte, dritte al cuore. In un lampo ci trasportano in quello sfilare che ogni anno si ripete e si rinnova, in quel camminare uniti per esserci, per contare. Ci proiettano in quella grande storia partecipativa e di festa che il Primo Maggio ha rappresentato e continua a rappresentare, dando un volto alle migliaia e migliaia di lavoratrici e di lavoratori che, prima di noi, con fermezza e dignità, con tenacia e ostinazione si sono messe in cammino nelle strade e nelle piazze di città e paesi.

A Trieste la storia della Festa del lavoro risale al periodo a cavallo tra Otto e Novecento. Sono gli anni in cui la città è centro portuale e industriale di grande rilevanza per l’Impero asburgico, con un proletariato fortemente composito, formato, oltre che da lavoratori indigeni, italiani e sloveni, anche da moltissimi immigrati.

Tra queste prime celebrazioni, quella del 1902     

Cartolina "Passeggiata dimostrativa del Primo Maggio 1902", Trieste 

occupa un posto di particolare rilievo nella storia del movimento sindacale triestino in quanto diretta espressione di un internazionalismo operaio la cui forza comunicativa e partecipativa deriva dall’averlo sperimentato, pochi mesi prima, nel grande sciopero generale di solidarietà alla lotta dei fuochisti del Lloyd austriaco. Conclusosi con un comizio in tre lingue, italiano, tedesco, sloveno, il Primo Maggio del 1902 è quello che nella dimensione locale concorre forse maggiormente a fissarne i tratti identitari e fondanti ancorandolo nel lungo periodo, non solo idealmente ma anche nella pratica, alla festa di tutti i lavoratori del mondo, ad una dimensione partecipativa che, seppur con contraddizioni e problematicità diverse, continuerà nel tempo ad essere celebrata, sentita, vissuta come espressione di un attore collettivo internazionale. Non solo. Il Primo Maggio del 1902 costituisce anche una delle prime importanti prove per il sindacato triestino, a quel tempo strutturato secondo il modello austro-tedesco. Un sindacato che, anche dopo il passaggio di Trieste all’Italia, sarà chiamato a rappresentare una conflittualità operaia particolarmente complessa, ad assumersi la responsabilità di organizzarla e portarla nello spazio pubblico in modo ordinato, contenuto, pacifico. È una prova che perdura nel tempo, per divenire più difficile nei principali momenti di snodo storico della città. Così negli anni che seguono sia la fine della prima che la seconda guerra mondiale, segnati prima dalla violenza di un movimento fascista che nella città si distingue per la precocità e la rapidità della sua affermazione, poi da una ricostruzione sociale, politica ed economica su cui pesano enormemente la questione dell’assetto del confine orientale, il clima e il contesto della guerra fredda. Sono gli anni che, fino al 1954, vedono Trieste sottoposta all’amministrazione angloamericana, durante i quali il Primo Maggio è espressione di una lotta di classe che, soprattutto nell’immediato dopoguerra, nel periodo che precede la condanna cominformista di Tito e del socialismo jugoslavo del 1948, sarà investita da una conflittualità politica, sociale, nazionale particolarmente accesa e complessa. Una conflittualità in parte derivante dalle molte difficoltà materiali ed emergenziali che affliggono il territorio, ma anche e soprattutto dal complicato percorso attraverso il quale nella città si realizza il passaggio dal fascismo alla democrazia, la ricostruzione della cittadinanza e dei suoi organismi di rappresentanza.  Dopo il ritorno della città all’Italia, il Primo Maggio triestino riprenderà il suo cammino con un passo diverso, quello della celebrazione di una festa del lavoro che può finalmente divenire festa repubblicana. Nel farsi espressione di una rinnovata dignità e compostezza, è un cammino che conosce la sua prima importante messa in scena nel Maggio del 1956: in quel lungo corteo che assieme ad un giovane Luciano Lama sfila nella città per riunirsi, di lì a poco, ed ascoltarlo nel comizio finale 

Primo Maggio con Luciano Lama, Trieste, 1956

È il Primo Maggio che segna gli ultimi momenti dell’integrazione delle organizzazioni di rappresentanza dei lavoratori triestini costituitesi nel maggio 1945, i Sindacati Unici, nella Cgil nazionale, preceduti, pochi mesi prima, dall’Assemblea costituente e dalla nascita della Nuova Camera Confederale del Lavoro.

Le profonde e radicali trasformazioni economiche, sociali, politiche, culturali e demografiche da cui la città è interessata nella seconda metà del Novecento pongono al Primo Maggio nuove prove, nuove sfide dettate da un contesto che sempre più vedrà il lavoro, e la sua rappresentanza, tra i principali protagonisti del mutamento. È uno sforzo che lo porta ad aprirsi a nuovi strumenti e linguaggi, ad innovare le sue tradizionali forme di partecipazione e rappresentazione, restando tuttavia saldamente ancorato al suo passato, alla sua eredità che si fa corsa in avanti.

 

Primo Maggio 1975, Trieste.

che diviene esplosione di coloratissime bandiere.   

Bandiera cucita dal coordinamento donne Cgil di Trieste, Foto di U.Laureni, Trieste 1994.

 

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