Modena

ARCHIVIO STORICO CGIL MODENA

 

Modena – Quando la festa del 1° maggio non poteva essere festeggiata…

Non è la prima volta che i lavoratori non possono festeggiare liberamente in piazza il 1° maggio. Celebrata come giornata internazionale dei lavoratori dal 1890, diventa un avvenimento cruciale nel calendario delle organizzazioni dei lavoratori. Normalmente, in tale occasione i periodici operai vengono stampati a colori, per sottolineare l’importanza della data, e le organizzazioni sindacali si impegnano nell’organizzare comizi e manifestazioni. Tale celebrazione a più riprese l’ostilità del governo e delle forze conservatrici, come confermato dal documento della Camera del lavoro di Carpi riferita al 1° maggio 1909.Con il fascismo questa festa ‘sovversiva’ è soppressa, sostituita nel 1923 dal ‘Natale di Roma’, festa del lavoro celebrata il 21 aprile di ogni anno. Continuerà ad essere celebrata celebrazione del 1° maggio diventa un momento importante per il loro coinvolgimento nella vita sindacale e nell’impegno antifascista, come testimonia il manifestino relativo al 1° maggio 1924 nella cittadina francese di Reims. Durante il regime per i lavoratori italiani il 1° maggio assume quindi un forte significato simbolico. Festeggiare, in qualsiasi modo, la data, diventa una forma importante di opposizione al fascismo e di mantenimento della propria identità politica e di classe. L’importanza simbolica viene colta anche dal fascismo che non soltanto abolisce la festività ufficiale, ma impegna con grande spiegamento di forze i propri organi repressivi per impedire qualsiasi celebrazione da parte della classe lavoratrice. Non è un caso che nei fascicoli dedicati al ‘Movimento sovversivo’ della polizia per vari anni ci sia quello relativo proprio al 1° maggio, con rapporti di questori e prefetti sulle situazioni locali. A Modena sono soprattutto i comunisti a mantenere vivo il ricordo della festa del lavoro, con lanci e affissioni di manifestini. Il primo episodio viene registrato dalla polizia nel 1923, quando “ignoti” lanciano una “quantità non trascurabile” di manifestini nel quartiere operaio della Sacca. Nel 1926 il prefetto informa il ministero dell’Interno che la giornata del 1° maggio è passata senza avvenimenti di rilievo, anche se sono segnalate “sporadiche” esposizioni di bandiere rosse e il rinvenimento di manifestini della gioventù comunista, “immediatamente sequestrati dalla polizia”. Il 29 aprile inoltre viene fermato un dirigente socialista, in possesso di un lungo volantino dattiloscritto solo all’estero, dove trovano rifugio migliaia di antifascisti. Questo avviene in particolare in Francia dove, per la forte emigrazione anche economica, sono presenti quasi un milione di italiani. La dell’Internazionale operaia socialista, che spiega il significato della data. Il ricordo del 1° maggio diventa una modalità utilizzata soprattutto da vecchi militanti socialisti per richiamare nel presente le lotte passate; i casi sono numerosi, uno dei più rilevanti è quello che vede protagonista il bracciante socialista di Spilamberto Giuseppe Luppi, il quale tutti gli anni in occasione di tale data passeggia per il paese con indumenti di colore rosso, venendo immancabilmente fermato dai carabinieri. Anche nelle zone di bonifica tra il basso modenese e quello reggiano il 1° maggio sono effettuati controlli sugli ‘scarriolanti’, gli operai che movimentano la terra degli scavi per costruire i canali d’irrigazione, perché se nella pausa pranzo vengono sorpresi mentre mangiano dei cappelletti o dei tortellini – tipici piatti dei giorni di festa o di occasioni importanti –, allora vuol dire che stanno celebrando la festa del lavoro. Il richiamo alla festa continua anche negli anni Trenta, nonostante i rischi sproporzionati nel caso si venga intercettati. Il 28 aprile 1930 vengono distribuiti volantini che recitano “1° maggio, tutti fuori delle officine”. Uno dei diffusori è arrestato e condannato a 3 anni e 15 giorni di reclusione. Nel 1935 altri antifascisti sono arrestati per la diffusione di un volantino inneggiante al 1° maggio, che ci è pervenuto perché trovato in una perquisizione del comunista Bruno Losi, che sarà poi partigiano e nel dopoguerra sindaco di Carpi.Dopo il 1936 le continue retate della polizia mettono definitivamente in crisi l’antifascismo in provincia, e l’asfissiante sorveglianza nei confronti degli attivisti rende sempre più complicato organizzare qualsiasi forma di espressione del dissenso, specialmente in una data delicata come quella del 1° maggio. Ma con lo scoppio della Seconda guerra mondiale il dissenso si riattiva, e durante la guerra sono segnalate a più riprese diffusioni di volantini inneggianti alla 1° maggio, un altro sintomo del distacco e dell’ostilità della popolazione nei confronti del regime.

 

Nota di Amedeo Osti Guerrazzi e Claudio Silingardi

fascetta 1 maggio Carpi 1909

 

 

primo maggio francia

 

 

 

scariolanti bonifiche

 

losi volantino primo maggio

 

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