Il 27 gennaio, la memoria e la lotta al razzismo: la lezione di Di Vittorio

Il 27 gennaio rappresenta oramai una data canonica per l’esercizio della memoria e per la coscienza antifascista. Si tratta infatti della data in cui, nel 1945, a seguito della liberazione della cittadina di Auschwitz da parte delle truppe sovietiche, il mondo intero venne a conoscenza dell’opera e della strategia di sterminio condotta dalla dittatura nazista ai danni dei cittadini di origine ebraica.

Trascorsi più di vent’anni dalla sua istituzionalizzazione, questa ricorrenza corre talvolta il rischio di essere svalutata da una ritualità di maniera, con la tendenza a confinare nel passato quei sentimenti di odio e intolleranza e quella mentalità razzista che, negli anni del secondo conflitto mondiale, condussero all’Olocausto, evento unico nella Storia in ragione della metodologia “scientifica” con cui fu progettato, predisposto e attuato. Nonostante la battaglia culturale condotta sin dal dopoguerra da tutte le forze democratiche abbia fatto sì che non si intravedano soggetti e movimenti portatori di una altrettanto lucida e feroce progettualità, l’ultimo trentennio ha registrato una nuova e pericolosa diffusione di quella mentalità, di quelle convinzioni e di quegli istinti che furono all’origine dei tragici avvenimenti che oggi ricordiamo. Per questo motivo come Fondazione Di Vittorio riteniamo utile, attuale e indispensabile ricordare quegli avvenimenti, ma anche quegli ordinamenti politici totalitari e quei sistemi di pensiero che li produssero e che li resero possibili. Cercando, al tempo stesso, di comprendere se e come, mutatis mutandis, quelle idee abbiano trovato nel contesto attuale una nuova forma e vesti diverse, in grado di dissimulare la propria pericolosità sociale.

Una convinzione coerente del resto con la stessa ispirazione e la stessa filosofia di fondo della Cgil, portata a concepirsi e ad operare come sindacato inclusivo, antirazzista e ostile a qualsiasi tipo di discriminazione, sia essa di natura etnica, religiosa o sessuale. Va sottolineato come queste caratteristiche, lungi dall’essere frutto di innovazione e aggiornamenti estemporanei e superficiali, affondino le loro radici nella storia del movimento sindacale italiano e nella stessa tradizione della Cgil. Basti pensare, a titolo esemplificativo, alla veemenza con cui Giuseppe Di Vittorio, all’indomani della promulgazione delle leggi razziali, si scagliava contro di esse, condannandole con nettezza e senza riserve dalle colonne de La Voce degli italiani, il foglio dell’emigrazione antifascista italiana in Francia, da lui diretto tra il 1937 e il 1939. All’interno degli articoli da lui dedicati alla vicenda, Di Vittorio parla senza mezze misure, di un «delirio razzista […] giunto al parossismo» e tale da trasformare gli ebrei italiani in «“untori” di manzoniana memoria». La scelta del governo fascista – che Di Vittorio qualifica come «vigliaccheria garantita dalla protezione senza riserve dello Stato» - avrebbe a suo modo di vedere fatto emergere la vera natura di Mussolini, a lungo descritto da alcuni compiacenti osservatori come ben «più misurato, […] equilibrato, […] sensibile», se paragonato all’altro dittatore fascista europeo, ovvero Hitler. L’ostentata volontà di «bruciare le tappe» e di apparire come i “primi classe” della nuova moda razzista, viene letta da Di Vittorio come una mossa demagogica, come un diversivo atto a distogliere l’attenzione delle masse dalle difficoltà e dai guasti economici causati dall’impresa coloniale del ‘36. L’indicazione e la messa alla gogna di facile capro espiatorio, avrebbe insomma come principale finalità quella di «creare un’ideologia e una mentalità imperialista nelle masse popolari, per farne uno strumento docile della sua politica».

Nell’opporsi alla politica razzista del regime mussoliniano, Di Vittorio non guarda all’estensione della platea degli individui coinvolti: a suo parere, coloro i quali ritengono che il «numero esiguo degli ebrei italiani» debba condurre a non «prendere troppo sul serio il furore razzista del regime», commette un gravissimo errore, un’imperdonabile leggerezza. La questione ebraica, la persecuzione dei cittadini ebrei, per Di Vittorio riguarda al contrario «tutto il popolo italiano»: in questa violazione dello Stato di diritto, che mette in discussione il principio dell’uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge, egli intravede un pericolosissimo grimaldello in grado di dare vita ad un vero e proprio effetto domino. Con un ragionamento che sembra parafrasare il celebre sermone del pastore tedesco Martin Niemoller (Prima vennero…), il futuro segretario della Cgil mette in guardia circa il fatto che quella che può apparire come una misura eccezionale, rivolta ad un gruppo specifico, possa invece rappresentare il primo episodio di un’ulteriore stretta autoritaria, di un ulteriore compressione degli spazi di libertà, a partire da quelle organizzazioni di matrice cattolica che dal Concordato del ‘29 in poi si erano viste ritagliare degli spazi di autonomia limitata e in ogni caso subalterna dal punto di vista politico: «attraverso l’Azione Cattolica […], il regime vuole annientare le ultime e tenuissime larve di libertà che rimangono all’intero popolo». Se quindi le leggi razziali rappresentano l’ennesimo tassello della «lotta dei grandi trust e della loro dittatura contro l’intero popolo italiano», opponendosi ad esse non solo si difendono «gli interessi e i diritti più elementari», ma si preserva e si mette al riparo «il patrimonio di civiltà del popolo italiano» dalla slavina oscurantista e barbarica messa in moto dai fascismi europei giunti alla loro “fase suprema”, quella della follia razzista.

Un approccio, uno stile e una lezione per noi ancora validi.

*Gli articoli di Di Vittorio citati nel testo sono: “In aiuto degli ebrei italiani!” (7 settembre 1939) e “Difesa degli ebrei italiani e delle organizzazioni cattoliche” (13 settembre 1938), entrambi raccolti nel volume: G. Di Vittorio, Un giornale del popolo al servizio del popolo. Tutti gli articoli pubblicati in Francia su “La voce degli italiani” (1937-1939), Ediesse, 2017.

 

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